Alcuni chiamano viaggiare così slow travel, una parola che mi pare giusta perché oggi si ha la tendenza di sempre correre dopo qualcosa. Anche e sopratutto viaggiando. Qualche museo, qualche coda d’attenta, una riservazione di ristorante, aerei. Si scatta foto per pubblicare su internet, si scelgono filter, animazioni, un qualsiasi testo per accompagnarle. Si lavora anche in periodo di rilassassione.
Dal punto di vista d’artista questa osservazione vale pure, magari ancora rinforzata dalla sua sensibilita alzata e dalla sua voglia di piacere.
Mi è stato detto che in comuni d'artisti alcolo e poi cocaina gode quasi lo stato di pillole di vitamina, perché permette di lavorare sempre di più, più rapidamente. L’arte stessa oggi è diventata un prodotto consegnato sul nastro trasportatore.
Lo vedo anche in caso mio. Se volessi a ogni prezzo diventare musicista conosciuto, dovrei lavorare ogni giorno, fare canzone simili a quelle che sono in moda, dovrei vendere mia anima a un qualsiasi conglomerato che non ne ha. Tutti gli utensili lo facilitano. Spesso la musica si fa già oggi automaticamente, con alcuni parametri di distribuzioni di probabilita.
Anche su questo punto il viaggio mi corresponde. È lento, disorganizzato, insolito. C’è più da scoprire facendo così, c’è più da scoprire in arte fatta così.
Questo pensiere mi importa quando sto ruminando sulla questione dell’inteligenza artificiale. Se creare novità, artistiche o altre, fosse solo una funzione di cambiare per caso ciò che già esiste, l’innovazione sarebbe automatizzabile tutto come il lavoro a cottimo. Solo che le novità debbono anche essere utili e giudiziare l’utilità è un problema non computabile. Cioè, umani e machine saranno sempre ugualmente adatti di trovare per caso la prossima scoperta ritenuta indispensabile.
Si confonde dovere e godere e per quanto concerne un’attività chiaramente fatta per solo se stesso come il viaggiare, la maniera cui scegliamo riflette ultimativamente se vogliamo farci di bene o riempire un qualsiasi imperativo sociale assunto. Abbiamo al contrario delle machine la scelta di essere guidato nelle nostri reflessioni da tutto, la coda d’attesa, la gioconda oppure il fatto che in certi luoghi non vivono più che turisti e mendicanti. Possiamo seguire la follia della folla 2.0 che sono gli algorithmi o attingere l’immagine di noi stessi evitandoli come se fosse uno slalom sulla discesa della banalità.
L'immagine di questo post è fatta con un programma di machine learning. Io ho sempre attribuito più importanza a insolite, ispiranti combinazioni di idee, giudicando l'arte, che a la relativa qualità artisanale per vari raggioni. Su questo punto di vista, le creazioni visuali che sono possibili con questi programmi sono allo stesso livello che l'arte che ha contribuito alla formazione della mia personalità. Ma tutte le creazione non sono ugualmente interessante per me. Ci saranno sempre menti, artificiali o naturali, che statisticamente crearano arte più consona con i miei pensieri che altre. Non per i metodi che usano, ma per le cose che conoscono. L'artista diventa interessante per le sue esperienze.